Archivio per novembre 2007

della vita e della morte (Gattaca)

Thanks to teachwithmovies.orgRecentemente ho visto un film di fantascienza, Gattaca. L’idea di base è che, grazie alla genetica, potremo in futuro conoscere statisticamente, ancor prima della nascita, le caratteristiche psicofisiche e caratteriali dei nostri figli: al 10% si ammalerà di cancro, al 90% sarà una persona aggressiva, e così via. Analogamente potremo stimare la aspettativa di vita di ognuno: “Signora, suo figlio morirà verso i 30 anni, mi dispiace”…

Starò dicendo una banalità, ma mi sembra che la cosa importante non sia quanto a lungo viviamo, ma come viviamo. È ovvio che nessuno voglia morire giovane, l’istinto di sopravvivenza è estremamente forte in noi. Dovremmo però ricordare che siamo macchine biologiche estremamente fragili; dovremmo sempre essere, in un certo senso, pronti alla morte. Dovremmo impegnarci in quello che facciamo e credere in noi stessi, ma al tempo stesso capire che i fallimenti capitano e che non sempre sono prevedibili.

Spesso però sono rimediabili.

dello scrivere

Ha ragione chi pensa che ormai in internet, con l’avvento del web 2.0 ovvero dei blog, dei video autoprodotti, degli album di fotografie online, tutti scrivono, pubblicano, producono, e nessuno legge. Io stesso trovo più difficile leggere blog scritti da altri piuttosto che scrivere sul mio.

Tuttavia, non credo che questo sia un male: il punto importante nel tenere un proprio sito web non sta nell’avere un gran numero di visite. Invece credo che i motivi per continuare a scrivere siano altri:

  • prima di tutto, scrivendo si riesce a riflettere con calma su alcune questioni che altrimenti sfuggirebbero;
  • inoltre, con un sito si crea piano piano una propria autobiografia: come le fotografie e i diari, ci si accorge solo dopo molti anni dell’importanza di questo documenti per ricostruire il nostro carattere;
  • infine, l’esercizio di composizione scritta è sempe positivo, perché aiuta a migliorare la capacità di comunicare con gli altri, di farci capire da loro e di capirli noi stessi.

Buona scrittura a tutti!

Burmese nightmare

Questa notte ho sognato di essere in Birmania. Con me c’erano molti miei amici e altri ragazzi di tutto il mondo: inglesi, tedeschi, americani, cinesi, indiani e, ovviamente, birmani. Eravamo in una specie di palazzo/magazzino, con molte stanze, gridavamo slogan contro la dittatura militare e discutevamo della orribile situazione del Paese e dell’indifferenza degli occidentali.

Help burmese!

Ad un certo punto, girando quà e la in cerca di alcuni amici, ho cominciato a veder comparire i primi soldati, con le loro obbedienti mitragliette a tracolla. Erano caschi blu ONU, io mi sono sentito sollevato: avevamo una protezione, qualcuno ci aveva ascoltato. Al contempo ero però anche teso, perché sapevo che portare un’arma significa essere pronti ad usarla.

In pochi minuti ho trovato gli amici che cercavo: camminavano in direzione opposta alla mia e si tenevano per mano o si abbracciavano, formando una sorta di biscione umano. Erano scortati da alcuni militari, che a dire il vero erano pochi, tre o quattro, ma questa volta non erano caschi blu, era l’esercito birmano.

Mi sono nascosto, lasciandoli sfilare davanti a me, e li ho seguiti a distanza, compiendo a ritroso tutto il percorso fatto per trovarli. Guardandomi intorno, vedevo sempre meno soldati ONU e sempre più militari birmani. Poi hanno cominciato a sparare.

Noi ragazzi occupavamo le sale dell’edificio in maniera disordinata, tutti si spostavano in continuazione in cerca di informazioni su quello che stava succedendo, sembravamo un formicaio in piena attività, regnava la confusione. La prima raffica non è stata preceduta da alcun avvertimento. Hanno sparato e basta, io ho visto i ragazzi alla mia sinistra gridare e cadere a terra, chi tenendosi l’addome, chi la faccia. Mi sono subito riparato dietro un largo palo di ferro. Ho sentito altre raffiche alla mia destra, poi il palo davanti a me ha preso a sussultare investito da una scarica. Ho visto che in alcuni punti le pallottole lo avevano attraversato, e ho cercato di guardarmi i vestiti per vedere se erano macchiati di sangue. Sembrava di no. Prima che riusciss ad accertarlo, altre raffiche di mitra hanno investito il palo, io mi sono assottigliato il più possibile per non essere colpito.

Un ufficiale ha gridato qualcosa in una lingua sconosciuta, i soldati hanno smesso di sparare e sono venuti a prendere i superstiti. Ci hanno ammassati e portati fuori dalla stanza, il pavimento ricoperto di cadaveri di giovani pacifisti di tutti i Paesi e di tutte le lingue. Prima di svegliarmi, ho fatto in tempo a chiedere al ragazzo di fianco a me: “What will they do with us?”. “They’ll kill everyone of us. If you’re buddhist you’re lucky, you’ll come back to Earth in your next life.” In quel momento ci ho pensato: io non credo all’aldilà, è stato bello finché è durato, tutte le mie fatiche, le notti sui libri, le innumerevoli cose che ancora avrei voluto imparare, sarebbero state fucilate con me, qualche minuto più tardi.

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